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martedì 1 maggio 2012

11. DON FRANCESCO CARUSO, MAESTRO DI SPIRITUALITA'

di Domenico Vero
Scrivere del canonico Francesco Caruso, è rievocare un autentico maestro di spiritualità schietta e sostanziosa, il quale ebbe, per qualità di natura e finezze di grazia, il dono della discrezione delle anime.
Nato di sana e numerosa famiglia del nostro buon popolo, ricca di sangue e di vite ma povera di beni di fortuna, sentì fin da giovinetto il richiamo al santuario, ma dovette rinchiudere il suo ideale in fondo al cuore per le ristrettezze economiche della famiglia e forse, lavorando nei campi, davanti al miracolo dello sbocciare dei fiori sotto l'azione della luce del sole, meditò lungamente sull'azione della grazia sulle anime ed intorno alla missione del sacerdote, che presiede a questo miracolo recondito.
Comunque, benché un po' tardi, Don Francesco raggiunse la vetta e fu sacerdote prudente, discreto, portato più che alle attività del ministero esteriore, al lavorio interno, silenzioso nell'intimo delle coscienze, azione sacerdotale meno appariscente ma più sostanziosa.
Nell'arte difficile di sbozzare e plasmare i giovani avviati al sacerdozio nel raccoglimento della sua cameretta, come nella direzione delle anime nella penombra del confessionale sotto le volte silenziose del Duomo, il canonico Caruso lavorava a modellare anime e cuori secondo uno schema di essenziale spiritualità a lui caro.
La sua figura alta e naturalmente eretta e composta, dal volto roseo e placido raccolto sotto il nicchio, che, ad ore fisse, si staccava dalla penombra del Seminario, per immergersi in quella del Duomo o viceversa, riscuoteva venerazione, infondeva confidenza. Era popolare nella città di Catanzaro, quasi un elemento essenziale, connaturale della sua vita religiosa per oltre un trentennio.
Poi venne la guerra e la distruzione del Duomo e del Seminario ad interrompere un ritmo di vita sana e tradizionale. I tempi nuovi, caratterizzati da profonda irrequietezza e disorientamento degli spiriti, amareggiarono molto Padre Caruso, che si vide costretto, e nel momento di maggiore bisogno, per mancanza di alloggio, ad allontanarsi dal suo centro di operosità sacerdotale, donde tanta luce aveva riversato negli spiriti, che a lui si erano rivolti bisognosi di un orientamento o di una parola di conforto. E fu questa una grave perdita per le anime.
Nell'arioso paese natio, Gasperina, dai vasti orizzonti luminosi, dove egli trascorse gli ultimi anni, guardava spesso verso Catanzaro, campo fecondo del suo lavoro di solerte operaio della vigna, spiando se nell'azzurro si staccassero finalmente le cupole o il campanile del risorto Duomo… Si spense prima che il suo desiderio fosse appagato.
Vive nelle anime il suo ricordo di sacerdote illuminato e saggio ed un po' di quella luce di spiritualità, che egli seppe proiettarvi. Vive soprattutto il suo spirito nella Casa dei Sacri Cuori, bianca oasi di pace tra il verdeargento degli ulivi, sbocciata anche un po' dal suo cuore di sacerdote, che seppe credere nella carità.

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