Cerca nel blog

martedì 22 maggio 2012

17. TESTIMONIANZA DELLA SIGNORINA ANGELA PAPUCCI



  TESTIMONIANZA DELLA SIGNORINA ANGELA PAPUCCI
figlia spirituale di P. Caruso (Doc.n. 33 del Fondo Caruso)
Gasperina, 16.09.1961
Rev.ma Eccellenza, Mons. Giuseppe Pullano, Vescovo di Patti, 
mi accingo a fare il mio dovere di scrivere a S. E. quando ho visto, ho udito, e quanto è giunto a mia conoscenza intorno alle virtù del Rev.mo Don Francesco Caruso, a gloria di Dio, a venerazione del mio concittadino e buon Padre Spirituale, a consolazione delle anime ed onore del Terz’Ordine Domenicano da lui fondato in questa cittadella, e affinché per mia negligenza non trascurarsi alcun detto, visto degno di memoria, mi affido allo Spirito Santo e alla Beata Vergine, offrendo una novena per detto fine.
Angela Papucci fu Saverio, l’ultima del Terz’Ordine Domenicano e indegna figlia di Don Francesco Caruso.
Ho voluto conoscere i natali della sua patriarcale famiglia, composta di quindici figli, e mi sono recata dalla sorella Maria Elisabetta in Celia e con semplicità e soddisfazione così mi parlò: “Siamo stati quindici figli, di cui sette maschi ed otto femmine, e questo è l’ordine delle nostre nascite: Marianna, Giuseppe, Rosa (anima consacrata pur restando in famiglia, morta in età di anni 28), Clementina (vissuta due mesi), Caterina (anch’essa anima consacrata; vestì in seguito dalle mani di Don Francesco l’abito del Terz’ordine Domenicano, prendendo il nome di Suor Agnese; morì in età di sessantadue anni), Vincenzo (sacerdote morto a Mesuraca il 10.01. 1959), Donato, Clementina, Francesco, Saverio, M. Teresa, M. Elisabetta (colei che parla), Urbano, Serafina (morta a 15 mesi) e Serafino (ancora vivente) anche fornì anche a S. Ecc. notizie quando ci diede l’alto onore di venire a Gasperina.
Francesco da piccolo manifestò ai genitori il desiderio di farsi sacerdote e questi lo contraddissero appunto perché stavano mantenendo al seminario il fratello Vincenzo, non potendo, quindi, ad altra spesa assoggettarsi, essendo la famiglia così numerosa. Egli pianse, supplicò, ma sempre invano, nel frattempo non trascurava di fare del bene. Egli faceva e rifaceva altarini ad ogni stanza, saliva sopra le sedie e predicava, nel pomeriggio, all’età dai 15 ai 17 anni, riuniva i fratelli, i cugini e vicini di casa e insegnava loro il catechismo. Questo me lo manifestò anche una sua cugina che vi partecipava. Ai più piccoli che facevano capricci, cullandoli nelle sue braccia, diceva: Sii buono, se no, viene Ciccio a pigliarti; per Ciccio intendeva il diavolo”.
Da altra persona di fede ho sentito dire che senza rispetto umano in Chiesa si portava all’altare della Madonna e recitava la corona con tanta edificazione che era animato.
Una sua parente terziaria, Maria Caterina vedova Can…, diceva alle figlie, parlando di lui, di averlo visto più volte, in un magazzino che fungeva da stalla, inginocchiato in un angolo a pregare. Così trascorse l’adolescenza e il principio della giovinezza. Per stringere il tempo ad entrare in seminario supplicava i genitori a vendere la quota sua spettante onde sostenere le spese. Non ottenendo questo fece domanda di andare volontario al servizio militare e all’età di 17 anni fu ammesso. Durante detto periodo gli venivano impartite lezioni di musica da un soldato compaesano, ed in breve tempo imparò uno strumento a fiato. Il suono continuo gli procurò l’infiammazione della laringe, per cui, non bastando le cure, lo fecero recare a Napoli per assoggettarsi ad un intervento chirurgico. Finito il militare, dietro sua continua insistenza, i famigliari si recarono a supplicare il Vescovo a Squillace, ma questi si rifiutò dicendogli, che era maggiorenne. Non abbattuto,  non stanco,  consiglia i suoi a portarsi a Catanzaro. Infatti, colà venne accolta la domanda, ed il giovane poté finalmente essere pago delle sue ambite aspirazioni. Il fratello Serafino ha detto: “Negli studi faceva progressi a passi da gigante, non ebbe mai a riparare in ottobre.

Il gran giorno della consacrazione venne e furono presenti i famigliari. Dopo un breve periodo di tempo il vescovo lo mandò per una breve visita in famiglia. Subito dopo  lo mandò a Sellia dandogli il possesso dell’Arcipretura. Ivi dimorò due anni ed ebbe per compagno un cugino, che mi sta comunicando ciò: Celia Saverio fu Francesco: “Era molto stimato da tutti, non si risparmiava per il bene delle anime, chiamato di notte accorreva ad assistere i moribondi; di giorno era sempre in continua attività e a tempo disponibile mi insegnava a scrivere e a leggere. Il popolo pianse molto il suo trasferimento e tuttora se ne loda di Lui”. Il vescovo lo volle in Catanzaro, dove gli assegnò il delicatissimo compito della Direzione del Seminario e Penitenziere della cattedrale, nonché parroco della Stella. Per sì alta missione pare che il Signore lo dotò di scienza, dolcezza e santità di San Francesco di Sales, di cui era molto devoto. E così, infatti, lo sentii paragonare dal sacerdote Don Francesco Macrina, suo figlio spirituale, che lo stimava ed imitava tanto (ora in cielo).
Dalla sorella Elisabetta ho appreso anche questo: “Una notte, mentre sorvegliava i seminaristi in dormitorio, vide nella corsia un signore; lui avvicinandosi gli domandò il motivo di quella visita in un orario importuno, ed ebbe questa risposta: “Il tuo è il tuo, il mio è il mio”. Lui tracciò un segno di croce sullo strano individuo, che subito avvolto in una fiamma di fuoco disparve.
Durante le vacanze da luglio a settembre S. Ecc. il vescovo lo mandava a casa per riposarsi; e più di una volta la sua casa ebbe l’alto onore di avere ospiti per intere giornate l’ecc.mo vescovo con tutti i seminaristi in numero di trenta, nonché tutti i sacerdoti locali in numero di dodici.
Molti conoscenti lo ricordano sempre uguale, esatto nelle orazioni e soprattutto nel SS. Sacrificio della S. Messa, che sembrava un Serafino, tanto era raccolto e devoto il suo atteggiamento. Io che sempre ascoltai la sua S. Messa, avvertii, e con me una mia amica, che la S. Messa una volta durò quasi un’ora. Egli era rosso; un sudore dopo la consacrazione gli imperlava il viso; rimaneva come paralizzato quando aveva l’Ostia nelle mani. Gli dissi alcuni giorni dopo se si fosse sentito male e mi rispose: “Non avrei potuto proseguire se non fosse stato per un miracolo”. Non la sbagliavo ad ascoltare la S. Messa e a ricevere Gesù dalle sue mani. Anche il sacrista ricorda commosso e con venerazione l’ottimo sacerdote a cui serviva la S. Messa: “Il suo raccoglimento, l’esattezza in tutto, il suo atteggiamento! Era di carità; per le feste mi offriva un regalo e mi diceva: porta ciò alla mamma tua… poiché era bisognosa”.
I sacerdoti locali l’attorniavano, bramosi di sentire i suoi santi discorsi ed imitarlo in quanto potevano; e lo vedevano dopo la visita serotina a Gesù, portarsi con essi verso la campagna per una breve passeggiata; così pendevano dal suo labbro ed anche il loro atteggiamento esterno mostrava una posizione modesta e riserbata.
Egli aveva cura a far pervenire ai sacerdoti più bisognosi le S. Messe che a lui venivano offerte in sufficienza, perché molto stimato. La sua carità si estendeva su tutti i bisognosi e curava a fare delle collette per le anime nascoste che a lui si manifestavano e si raccomandavano. I poveri, dopo la S. Messa, l’attendevano all’uscita della porta  e lungo viale Mazzini; ed egli non negò ad alcuno la sua carità, anche quando si ridusse ad avere solo l’offerta della S. Messa e pieno di tante esigenze, perché molto malato. Questo lo vidi io tutte le mattine, seguendolo con lo sguardo lungo tutto il viale.
Come lo conobbi.
Sentii parlarle il 1927 di persona degna di fede, delle sue predicazioni, ossia i S. Spirituali Esercizi che egli teneva in parrocchia, ogni anno, per la durata di dieci giorni, predicazioni ed istruzioni che apportavano tanto bene alle anime. Volli, per conoscerlo, parteciparvi anch’io. Non mi era nuovo il sacerdote; era il sacerdote che vidi, dove da piccola, quando mi mandò mia nonna, allora stava con la famiglia vicino  la casa di mia nonna; era alto, bello, dal colorito roseo, dagli occhi cerulei, dal portamento maestoso e venerando.  Rimasi entusiasta per la sua vasta e pratica dottrina, ma soprattutto per l’espressione divina che emanava dal suo volto. Egli si adattava a tutti i ceti, aveva una memoria fenomenale, citava tutte le opere dello Scaramelli, di San Francesco di Sales e la vita di San Domenico, il quale salì il pergamo per tessere le lodi. Mi fu detto che nel Terz’Ordine aveva preso il nome di S. Domenico. Lo imitò tanto bene, specie nella penitenza: portava cilizi (che egli chiamava catenelle per dar poco importanza) alla vita, alle braccia, alle caviglie; e si disciplinava, come lui, per la salvezza e la conversione delle anime che tanto amava. Concludeva le sue istruzioni di ascetica e di mistica con l’interrogare le anime che gli prestavano maggiore attenzione. Aveva una vastissima cultura, un’esatta preparazione. Egli non ripetette mai le meditazioni ed istruzioni una volta fatte.
Le anime lo veneravano, gli baciavano con sacro rispetto le mani, domandavano benedizioni su corone, medaglie, scapolari, poiché egli aveva facoltà speciali, e senza mai mostrare un senso di stanchezza le impartiva ben volentieri.
Egli era dolce e forte. Ad un seminarista che gli servì la S. Messa con negligenza, lo punì lasciandolo in ginocchio davanti al Tabernacolo per circa venti minuti. A un collegiale (ora insegnante a Gasperina) parlando di lui con molto entusiasmo: Sono stato formato dal Rev.mo Padre Caruso; ricordo che una volta perdetti un bottone della giacca, glielo strappai ad un altro compagno e me lo feci attaccare; per non  subire dai superiori un richiamo, quando me lo accusai in confessione, mi disse: “Non prendere ciò che non è tuo, vai  e rimettiglielo subito”; così feci, ma con soddisfazione, poiché sapeva tanto convincere le anime.
Il professore Castanò, insegnante unico in Gasperina, mi disse che, essendosi una volta confessato con lui, non sapendo recitare l’atto di contrizione, balbettava parole a modo suo; egli, prudente ed accorto gli disse: “Dica assieme a me…”. Egli restò edificato per tanta esattezza.
Sempre che rivedeva i suoi parenti, fedeli, figli spirituali, era questa la prima domanda che loro rivolgeva: “Come si va con l’anima”? E poi da persona fine aggiungeva: “e la sua salute e i suoi”? Era colmo di gentilezza.
Il 1928, durante gli esercizi spirituali, parlò di San Domenico  e del Terz’Ordine da lui fondato per il bene delle anime. Le anime si entusiasmarono dei grandi benefici che esso apportava e domandavano di essere ammessi al Terz’Ordine ; egli dopo aver sopportato e lottato tante contraddizioni, formò il primo gruppo di terziarie, affidandolo al Rev. Don Massimo Raspa come Direttore e alla signorina Procopio Clementina fu Saverio come Priora. Un maggior risveglio avvenne in parrocchia; molti avrebbero voluto far parte, ma egli come giustamente vuole la regola non ne scelse che poche. Il seme da  lui gettato germogliò ed egli ebbe la soddisfazione di vedere tante anime seguirlo nella perfezione, vivendo una regola alquanto stretta, con cilizi, digiuni e discipline, e soprattutto meditazione ed apostolato. Ne vide partire una per le Indie, altre sette per conventi di san Domenico, altre quattro terziarie nella Casa di Carità, altre al Cottolengo, altre sorelle della misericordia ecc…
In ogni estate ritorna sempre con entusiasmo in mezzo alle sue figlie che con altrettanto entusiasmo l’attendono. Consiglia alle più brave una donazione totalitaria a Dio, con l’accettare tutte le sofferenze con spirito di riparazione e le associa alle anime vittime del Cuore di Gesù. Molto amante della Madonna, vuole che nel Terz’Ordine ci sia la diffusione del rosario perpetuo che fu fondato a Firenze nel 1900 e dal 1929 abbiamo nella nostra parrocchia 456 iscrizioni. Per la custodia della purezza consiglia il cingolo della milizia angelica, ossia di san Tommaso d’Aquino che egli, benedicendolo, porgeva a terziari sacerdoti e fedeli che lo bramavano.
Istituisce l’Opera delle vocazioni sacerdotali, e dando delle padelline con iscrizioni ed assegnate preghiere si chiedeva l’obolo “Pro seminario” per il mantenimento delle vocazioni povere.
Ora trascrivo delle lettere a me dirette e che custodisco come altrettante reliquie e trovo utile per le anime.

1.      Lettera di Padre Caruso
“Apprendo quanto avete scritto riguardo alle distrazioni, aridità di spirito, alle immaginazioni che riturbano e vi impediscono di attuare come vorreste le pratiche di pietà e specialmente alla meditazione. Vi rispondo che non dovette più nulla preoccuparvi, perché si tratta di una piccola prova, a cui il Signore vi ha voluto sottoporre, permettendo il demonio di turbarvi. Sappiate che di regola ordinaria, quando il Signore vuole spingere avanti un’anima nella via della perfeziona la alletta dapprima con qualche dolcezza spirituale, ma quando la vede abbastanza fondata nel desiderio di santificarsi, la sottopone ora ad una, ora ad un’altra prova, secondo che vede che ha bisogno di fondarsi in una o in un’altra virtù. Spesso permette che sia travagliata da aridità, da immaginazioni impure, da pensieri di bestemmia o contro la fede, affinché essa conosca in quale abisso potrebbe precipitare e quanto poco deve fidarsi di sé, per così fondarsi bene nella cognizione del proprio nulla e confidarsi tutto in lui. In tali casi l’anima deve attaccarsi nella fiducia in Dio come una nave all’ancora e, qualunque cosa avverte in sé, ripetere sempre: “Mio Gesù, confido in voi”, anche se le sembrasse di trovarsi già in mano ai demoni nell’inferno. Non deve lasciare alcune pratiche di pietà e tanto meno la Comunione. Avete fatto male a sospenderla. Quando non c’è peccato mortale certo, la Comunione non si deve mai lasciare. Del resto, anche se ci fosse il peccato mortale, non bisognerebbe lasciare la Comunione, ma confessarsi subito per poterla fare. Vi dico di più, che certe volte il Signore permette delle gravi cadute in anime veramente buone, affinché imparassero a proprie spese ad essere umili e a compatire gli altri, come ha fatto perfino con San Pietro. State di buon animo, dunque, ripigliate subito la santa Comunione e sopportate contenta la prova del Signore, ringraziandolo che si degna di provarvi. Ed ora pensate a preparare una bella culla a Gesù Bambino, cioè considerate come piccola culla per Gesù l’anima vostra e preparatela con la pratica di tutte quelle piccole virtù che vi riesce di praticare, specialmente con frequenti atti di amore verso di Lui, aspettando che egli venga a prendere possesso di tutto il vostro cuore. Pregate secondo le mie intenzioni, perché non potete immaginare quanto sono grandi i miei bisogni spirituali” (23. 12. 1930).

2.      Lettera di Padre Caruso
 “Non mi sorprende di quanto  mi dite riguardo alle fitte tenebre, aridità, tedi ecc… che soffrite, né di quanto mi dite riguardo alle tentazioni che il demonio ha scatenato contro di voi. So già ( e dovete convenire anche voi) che queste sono le prove ordinarie alle quali il Signore permette che siano assoggettate le anime che egli vuole spingere avanti nella via della perfezione. Voi vi angustiate tanto ed io invece, lo credereste?, sono contento della vostra prova, perché ciò mi assicura che il Signore vi ama con affetto particolare e vi chiama a vita più perfetta. Cessata che sarà la prova, loderete e benedirete anche voi il Signore per avervela mandata. In alto, dunque, il vostro cuore; baciate la mano di Gesù che vi lascia opprimere per meglio e maggiormente innalzarvi. Non temete di avere offeso gravemente il Signore durante le tentazioni e scacciate come una grande tentazione il pensiero di avere ricevuto Gesù sacrilegamente. Posso assicurarvi che mai avete dato tanta soddisfazione al Signore di quanto gliene avete data facendo la S. Comunione, solo per ubbidienza. La tranquillità che vi sembra di aver trovata quando l’avete lasciata è tranquillità falsa che viene dal demonio, il quale cercherebbe così di allontanarvi dal cibo della vita, dal rimedio di cui avete bisogno. Non pensate neppure che io possa concedervi il permesso di lasciare la S. Comunione. Se io lo facessi mi assicurerei all’opera del demonio, che tenta di rovinarvi. Voi fatela malgrado i vostri timori, anzi prendete motivo delle vostre miserie per sentirvi incoraggiata a riceverla, pensando che per le vostre miserie ci vuole proprio il cibo eucaristico. Non vi preoccupate di quella che voi chiamate tiepidezza e che, invece, è soltanto aridità, permessa da Dio per ben fondarvi nell’umiltà. Fate bene a riconoscere il vostro nulla e le vostre miserie, ma nello stesso tempo tenete sempre il cuore sollevato in alto da una fiducia incrollabile in Gesù, che anche quando vi sembra che si sia allontanato, vi assiste amorosissimamente.
Non fa al caso vostro il passo dell’Apocalisse che mi avete citato riguardo alla tiepidezza, perché la vostra, come ho scritto sopra, è aridità, non tiepidezza. L’aridità non è una colpa. Perciò vi proibisco di pensare al detto passo scritturale assolutamente e di pensare, invece, che Gesù vi ama e vi vuole salva, vi vuole santa.
Se vi sembra di non potere presentare a Gesù una bella culla nel vostro cuore, mostrate alla Madonna la vostra miseria e pregatela che prepari Essa stessa nel vostro cuore una migliore dimora. Nello stesso tempo però aprite a Gesù tutto il vostro cuore., tutta l’anima vostra, perché possa riempirli del suo amore e non commettete l’insensatezza di chiudergli l’entrata per eccesso di timore, facendo come i bambini, che per timore chiudono la porta in faccia a chi si avvicina per beneficarli. Ricordatevi che il timore è solamente principio della sapienza, ma il perfezionamento sta nell’amore. Amate dunque Gesù e state tranquilla e quanto più vi sentite angustiata e tentata, tanto più protestategli il vostro amore, dicendogli che, malgrado tutto voi non cesserete di amarlo. Ricordatevi che l’eccessivo timore fa intristire anche i più nobili sentimenti, mentre l’amore li fa nascere e li feconda. Siamo intesi? E ora pregate per me, perché non potete immaginare quanto ho bisogno di essere aiutato. Sosteniamoci a vicenda, come il cieco e lo zoppo, per poter raggiungere il sentiero della perfezione, a cui il Signore ci chiama. Siate benedetta di tutte le benedizioni del Signore, che tanto vi ama, e rifugiatevi nel suo divino costato, aperto per noi, e sotto il manto della tanto amata madre nostra, Maria Santissima. ( 24.12.1931).

3.      Lettera di Padre Caruso
“Ho ricevuto i vostri auguri e ve li ricambio ai piedi di Gesù Sacramentato. Accolga Egli i vostri e i miei voti di sempre maggiore santificazione, malgrado gli sforzi sempre crescenti dei nostri spirituali nemici. Senza Gesù non possiamo nulla, ma con Gesù possiamo tutto. Stiamo perciò di buon animo e combattiamo con Lui la nostra battaglia, sicuri che un giorno i nostri sforzi saranno coronati di gloria in Paradiso. Ho pregato e continuo a pregare per voi, particolarmente nella S. Messa. Voi pregate per me insistentemente dopo la S. Comunione. Vi accludo timbrata la pagella dell’ottimo Luligoy che vi prego di salutarmi, raccomandandomi alle sue preghiere. Tante benedizioni a voi e a tutti del nostro Terz’Ordine. Mi salutate particolarmente D. Clementina e le dite che mi aspettavo qualche notizia riguardo la sua attività”  ( 30.03.1932).

4.      Lettera di Padre Caruso
“Non ho potuto rispondervi prima, perché molto occupato con gli esercizi spirituali e panegirico di S. Caterina e con le altre mie occupazioni. Godo che siete rimessa. E che avete ripreso i vostri soliti esercizi, ma occorreva avvisarvi per lasciarli durante la malattia., anzi vi dico che se ancora non vi sentite sufficientemente in forma, li sospendiate ancora, perché tali esercizi no devono essere di danno alla salute. Vi ricordo di stare con lo spirito sollevato e pieno di confidenza in Dio. Servite Domino in laetitia, come dice lo Spirito Santo. Le tetraggini di spirito non piacciono al Signore e sono di danno allo spirito stesso, perché lo snervano mentre invece l'allegrezza lo corrobora. Mi dispiace da una parte delle sofferenze spirituali del maestro Luligoy, ma dall'altra ne sono contento, perché so che le anime buone debbono essere provate. Solamente bisogna raccomandargli che apra l'animo suo a qualche buon direttore di spirito, altrimenti il demonio gli potrebbe fare qualche brutto tiro. Vi ringrazio delle preghiere che avete fatto per me e vi prego di continuare, avendone ancora pressante bisogno. Da parte mia non mancherò di pregare per voi” (4. 05. 1932).

5.      Lettera di Padre Caruso
“ Spero che il libriccino che ho scritto vi sia piaciuto. Ora bisogna pregare e far pregare che si diffonda il più che sia possibile e che sia preso sul serio il suo contenuto. Pregare e farlo conoscere è anch’essa un'opera di apostolato, per il bene che potrà fare.
Per quanto riguarda il vostro stato di spirito, credo che si possa attribuire al fisico la fiacchezza di cui soffrite. Forse state facendo il digiuno quaresimale e vi indebolisce troppo, portando come conseguenza l’infiacchimento dello spirito. Perciò, se vi sentite debole, vi consiglio di sospendere il digiuno e di nutrirvi bene. Il corpo non deve essere assoggettato al digiuno, quando questo è di danno allo spirito per voi stessa e per gli altri, ai quali potreste prestare l'opera vostra. Non fate bene a piangere quando vi sentite incapace di compiere le opere di apostolato che vorreste fare. Così vi indebolireste di più e vi rendereste meno capace. Il sollievo momentaneo che provate può essere seguito da un maggiore abbattimento. Invece, quando vi trovate in simili circostanze, dovete fare con tutta calma un atto di rassegnazione e di confidenza in Dio, sperando di fare in appresso quello che non potete fare per il momento. E se vi sembrasse che neppure per l'avvenire vi riuscirà di fare dell’apostolato, offrite al Signore la vostra impotenza e state tranquilla. Vale molto di più fare la volontà di Dio soffrendo che fare del apostolato, quando il Signore non crede per i suoi altissimi fini di permetterlo. Chiedete pure che ritorni la luce, ma intanto state contenta, nella piena uniformità al volere di Dio, abbandonata, come voi stessa dite, totalmente in Lui. Facendo così, state certa di non sbagliare. Se avete altre difficoltà da espormi, potete farlo liberamente. Intanto pregate per me e secondo le mie intenzioni, che sono tanto, e poi tanto, importanti. Da parte mia pregherò per voi e secondo le vostre intenzioni, specialmente farvi santa e santificare molte anime. Pregate anche particolarmente per la santificazione dei sacerdoti e per la conversione dei poveri peccatori” (30. 03. 1933).

6.      Lettera di Padre Caruso
“Riguardo al pagamento del sussidio ai seminaristi poveri, mi aveva scritto mia sorella e già avevo scritto a mia volta al rettore di Squillace. Ora aspetto la risposta e poi ve la comunicherò. Potete stare tranquilla, però, che il rettore mi concederà che si paghi mensilmente anticipato invece che a trimestre.
Quanto alla decisione che avete presa di comune accordo con la vostra amica non trovò nulla a ridire: è un buon proposito che può essere di molto giovamento ad entrambe. Soltanto raccomando la prudenza nell'imposizione della penitenza e nella pratica settimanale della virtù. Non permetto che penitenza e piccole pratiche di virtù; inoltre raccomando che non ci siano esagerazioni nella manifestazione reciproca dei difetti. Perché la virtù in genere e l'umiltà in specie debbono poggiare sulla verità, altrimenti non sarebbero vere virtù. Alla vostra amica dite a nome mio che la decisione che avete presa in comune è santa e che, perciò, imporvi quelle penitenze, che crede giuste, è un ufficio di carità e non deve fare a meno di imporvele. Il giudice però è lei intorno alla qualità e quantità delle penitenze e delle virtù da farvi praticare; viceversa, quando si tratta di lei il giudice siete voi.
Ditele pure che quando avesse cose importanti da scrivermi, non dovrebbe badare se sa scrivere bene o male, perché io nelle lettere bado solamente se quello che mi si scrive mi da occasione di poter rispondere qualche buona parola per il bene dell'anima di chi mi scrive o per cui mi scrive” ( 19.11. 1933).

7.      Lettera di Padre Caruso
“Mi dispiace che anche voi siete stata ammalata e che siete ancora sotto cura. Vi auguro di guarire presto, per potere meglio servire il Signore se così a Lui piacerà. La mia malattia, purtroppo, non è di quelle che possono umanamente guarire, trattandosi di arteriosclerosi. Ci vuole l'intervento della Madonna di Lourdes che io ho stabilito di andare a visitare. Se non vorrà guarirmi, sono contento lo stesso, perché, sopra tutte le cose, io voglio la gloria di Dio, il bene delle anime e la salvezza della povera anima mia. Quello che mi tortura lo spirito e per cui principalmente voglio andare a Lourdes è il turbamento spirituale in cui mi trovo da diverso tempo. Se si trattasse soltanto di sofferenze fisiche, anche gravi, sarebbe per me una festa. Conosco, e sarebbe per me una colpa non riconoscerlo, che questa è una prova per il mio povero spirito e ne ringrazio il Signore, ma soffro quanto mai ho sofferto in vita mia.
La Madonna mi ottenga che la prova sia abbreviata o almeno che le forze siano superiori alle sofferenze. Godo che venerdì vi recherete a Roma in pellegrinaggio. Di qui non ho potuto trovare alcuno che prendesse parte al congresso domenicano. Farete cosa buona se vorrete rappresentare anche la nostra fraternità di Catanzaro. Continua anche a pregare per me, mentre io continuerò ad offrirvi in unione con Gesù nel S. Sacrificio. (Vi) benedico nel nome del Signore, insieme a tutte quelle che lavorano per la gloria di Dio e il bene delle anime in Gasperina” ( 27.02, 1934).

8.      Lettera di Padre Caruso
“Ho ricevuto la vostra ieri; conformemente al vostro desiderio, ho fatto un memento speciale per voi e vi ho offerto unitamente al Santo Sacrificio, quale Vittima della Divina Volontà. Non è però la prima volta che faccio simile offerta, giacché ho per consuetudine di offrire ogni mattina in unione alla Santa Messa tutte le anime del mondo e specialmente le anime vittime e quelle che hanno altri titoli di speciale unione a Gesù.
Non importa che non avete scritto prima, ciò indica che non avete avuto dubbi od ansietà di spirito da espormi.
Nella vostra ultima mi fate conoscere che non avreste voluto la carica che vi è stata affidata. Vi rispondo che io non riesco a capire come un'anima che ama veramente il Signore possa desiderare di starsene appartata e non cerchi di impegnare le armi per opporsi al demonio e al mondo, che fanno di tutto per distruggere il regno di Gesù Cristo. Meno male che poi avete accettato! Ora badate a curare gli interessi di nostro Signore senza preoccuparvi della vostra piccolezza, perché è, appunto, delle piccole cose che Egli si serve per fare cose grandi, affinché tutti riconoscessimo che il bene è Lui che lo fa e non siamo noi che poveri strumenti nelle sue mani. L'apostolato è la più bella prova del nostro amore verso Dio e le anime, sia che si eserciti nei luoghi di missione, sia che si eserciti nel proprio paese, quando è così che vuole il Signore. Di me che cosa dirvi? Porto sempre il mio fascio di croci, non solo di ordine fisico, ma anche e molto più di ordine spirituale. Ho bisogno di particolare assistenza dal Signore e dalla Madonna e, perciò, di particolari preghiere. Tanto più che in mezzo a tante tribolazioni, attualmente non mi è dato di trovare un direttore spirituale, nel cui cuore versare l'ambascia del mio spirito! Preghiamo dunque e portiamo le nostre croci dietro Gesù, come Egli vuole, per poter raggiungere la vetta del calvario ad imitazione sua. Tante benedizioni”, (29.03.1936).
Quando si ritirò in Gasperina nel 1949 mi manifesto di aver trovato un ottimo direttore spirituale ma che era troppo lontano per lui e che avrebbe voluto vedere o meglio parlargli a voce.

9.      Lettera di Padre Caruso
“Gradisco i vostri auguri specialmente perché riguardano la mia santificazione e perché letti da Gesù nel vostro cuore. Faccia Egli che diventino realtà e mi spinga in pieno sul sentiero della perfezione prima che la morte venga a togliermi da questo mondo. Quanto al Terz’Ordine potete stare contenta, perché ormai comincia a funzionare bene. Che importa che vi siano di quelle che vogliono tenersi assenti? Preghiamo che il Signore le illumini e non preoccupiamocene neppure di quello che voi chiamate il giogo, perché, se il Signore lo vuole, dà Lui le forze per portarlo. Io pure ero preoccupato come voi quando dovevo essere ordinato sacerdote, perché il sistema nervoso mi si era talmente indebolito che non potevo neppure guardare i libri. Per consiglio del confessore andai all'ordinazione e poi, grazie a Dio, ho sempre lavorato, sebbene sempre soffrendo, e sono ancora vivo dopo ventotto anni di sacerdozio. Allegramente e avanti, ricordandovi che chi non soffre non è atto all’apostolato. E proprio da voi che siete nella incapacità di lavorare, che Gesù si aspetta abbondante apostolato, affinché voi stessa, guardando poi il bene operato, non abbiate a glorificarvi di voi stessa, ma riconosciate che Gesù opera per mezzo vostro. Del resto io vi ripeto che voi dovete soltanto dare l’indirizzo, ma l'esecuzione di ciò che volete che si faccia dovete affidarlo a quelle del Consiglio che vedete più volenterose. Desidero che le anime buone e le terziarie preghino per una mia particolare intenzione” (27.12.1936).

10.  Lettera di Padre Caruso
“Avrei voluto ritardare a rispondervi, dato che sono molto occupato, ma sento che è necessario rispondervi subito per dirvi che la vostra determinazione di lasciare la Santa Comunione e di fare penitenza viene chiarissimamente dal demonio. Se non avete ottenuto la grazia desiderata, non è perché il Signore voglia da voi di lasciare la Comunione e di fare penitenza, ma è perché non è ancora venuto il momento di esaudirvi. La divina giustizia non vuole da voi penitenze, ma obbedienza cieca! Ciò vi comando in nome di Dio di ripigliare la Santa Comunione e di lasciare ogni penitenza. L'unica penitenza che dovete fare è quella di rassegnarvi a portare le croci che il Signore vi manda. Ci può essere penitenza più accetta a Dio di quella che sceglie egli stesso? Rassegnatevi anche a portare con pazienza le vostre miserie spirituali, perché Dio si serve anche di esse a vostro vantaggio. Rassegnazione dunque, uniformità al volere di Dio e non altro! Vi benedico e mi aspetto piena obbedienza” (5. 07. 1937).

11.  Lettera di Padre Caruso
 “Vi ringrazio per gli auguri che mi avete fatto in nome vostro e di tutte le terziarie. Molto vi ringrazio del tesoro spirituale, che avete offerto per me al Signore. Egli l’accolga e mi conceda tutte quelle grazie necessarie per poter ancora lavorare utilmente per le anime che mi ha affidate. Mi rallegro per quanto si è fatto in onore di San Domenico e per lo sviluppo del nostro Terz’Ordine. Ne sia ringraziato il Signore. Prendetene argomento per confidare sempre più in Dio e per spingervi a fare cose migliori. Lo scopo per cui scrissi a mia sorella di dirvi che faceste pregare è stato perché mi rincrescerebbe di non fare gli esercizi spirituali. Bisogna ancora pregare, quantunque ci sia qualche miglioramento nelle mie condizioni di salute. Lo stesso bisogna fare per i nipotini che sono ancora piccoli e non comprendono l'importanza dei miei sforzi. Di condotta però si comportano bene e spero si rimetteranno anche negli studi.  Benedico lei e tutto il Terz’Ordine”. (27. 08. 1937) (Carlopoli).

12.  Lettera di Padre Caruso
“Ho ricevuto gli auguri da parte vostra e delle consorelle del nostro Terz’Ordine. Ringrazio cordialmente perché agli auguri avete voluto aggiungere le preghiere, delle quali ho estremo bisogno per l'anima e per il corpo. Ve li ho ricambiato, pregando spesso per tutte ed offrendovi quali vittime ogni mattina insieme con l'Ostia santa per essere immolate con la Vittima divina a vostra e altrui santificazione. Avete detto che siete rimasta smarrita dopo la Risurrezione, perché avreste voluto continuare a tenere compagnia a Gesù agonizzante. Statevi in guardia, in modo che non abbiate a seguire gli impulsi della grazia. Dovete seguire Gesù in tutto e non soltanto nel piangere. Come Gesù non volle che San Pietro rimanesse sempre sul Tabor a bearsi nella trasfigurazione, ma volle che prendesse parte alla sua agonia, così Gesù non vuole che voi abbiate a “star sempre nel Getsemani”, ma richiede che godiate della sua risurrezione. Certi esclusivismi sono sospetti, perché vi può entrare lo zampino di satana. Gesù bisogna prenderlo intero quale si è manifestato e non in parte. Avete detto che vi è difficile parlare e molto più scrivere di voi. Spero che non sia così anche col vostro confessore, altrimenti dovrei pensare ad un qualche inganno del demonio, giacché tutti i maestri di spirito sono d'accordo nel dire che noi innanzi al nostro direttore spirituale dobbiamo essere come libri aperti in cui egli possa leggere tutto, cioè l'attivo e il passivo per regolare l'uno a farci distruggere l'altro. Benedizioni a tutte ed una particolare perché vi illumini a seguire Gesù per intero” ( 22. 04. 1938).

13.  Lettera di Padre Caruso
“Vi rispondo in fretta per dirvi che l'autore del libro è Boccardo. Il libro è intitolato “Confessione e direzione. Il figlio spirituale”. Appena sarà possibile manderò i nomi delle anime vittime a Roma. Non ho mai lasciato di offrirmi come anima vittima e continuo a farlo e a pregare per voi. Grazie delle preghiere che fate e fate fare per me, tanto bisognoso. Siate benedetta insieme a tutte le terziarie” (5.12.1938).

14.  Lettera di Padre Caruso
 “Ho saputo che il vostro angioletto se n’è volato in paradiso, e tanto per ottemperare ad una consuetudine vi faccio le mie condoglianze. Né dovete meravigliarvi se vi scrivo così, perché è un vero controsenso parlare di condoglianze mentre in cielo si fa festa per il vostro nipote. Data la sua innocenza, non vi è neppure il minimo dubbio che in questo momento trovasi immerso nel mare immenso della gioia infinita e che così ha risolto per sempre il problema della sua salvezza eterna. Avessi avuto io la fortuna che ha avuto lui! Quanti peccati di meno e quanta sicurezza di più di quella che posseggo oggi di salvare l'anima mia! Comprendo che non si può fare a meno di sentire lo strappo, che spiccava questo fiorellino dal seno materno, per trapiantarlo nei giardini eterni; ma bisogna pure che riflettiamo che il dolore di questo strappo ha anticipato il possesso dell'eterna gioia al caro bambino e lo ha posto al sicuro. Pensate che, data la bruttezza dei tempi che attraversiamo, se fosse vissuto sarebbe stato in pericolo di perdersi per sempre. Perciò non fermate il vostro pensiero su quello che egli soffrì, ma fermatelo sulle gioie che gode attualmente. Se potesse parlarvi, egli stesso vi direbbe che non è il caso di pensare a quel poco di terra di cui era composto il suo corpo, che ora giace nel sepolcro, ma bisogna pensare alla sua anima in festa in mezzo ai beati. So che avete conteso con la morte ed avreste voluto strapparlo alle sue fauci, ma Gesù ha voluto che il coro angelico si accrescesse di una nuova voce di un piccolo martire innocente. Associatevi anche voi da questa povera terra, in cui tanto peniamo, alla voce del vostro nipotino e benedite se non con gioia, almeno con rassegnazione, il Signore” (2. 06. 1939).


15.  Lettera di Padre Caruso
 “E’ mio dovere continuare a pregare; continuate anche voi a pregare per me che sento particolare bisogno dell'aiuto divino, sia per me personalmente sia per i miei (bisogni) spirituali. Intanto cerchiamo di stare di buon animo confidando nel Signore. Se egli gradisce i nostri ideali sa trovare la via per attuarli, quando meno ci pensiamo. A tutto quello che mi avete detto per… ho provveduto e sono moralmente sicuro che mi obbedirà”  (5.06.1944).

Ripiglio a raccontare ciò che appresi di lui personalmente o per mezzo di altri. Una mia amica, parlando della santità del padre, mi disse: “A me ha profetizzato una cosa, e cioè: gli dissi che mi venne accettata la domanda che feci di entrare in un Istituto religioso di Reggio per farmi suora, e che avrei dovuto partire quanto prima. Egli mi rispose: Volete andare? Andate pure, ma non starete più di un solo giorno. E infatti così avvenne”.
Un'anima che si manifestava a me era in pericolo di perdersi miseramente per una tendenza morbosa che aveva verso una persona. Dietro mia esortazione si fece coraggio e manifestò tutta la sua anima a padre Caruso, il quale seppe provvedere prudentemente a un netto distacco e salvò entrambi dal grave pericolo e scandalo che a momenti sarebbe avvenuto. La donna si rimise in grazia di Dio e vi perseverò molto, ricordando sempre il bene che gli aveva apportato il buon servo di Dio.
Dalla sorella di lui, Suor Caterina, apprendevamo sempre il suo stato fisico e spirituale. Questa ebbe il gran bene di essere da lui diretta. Spesso lo seguiva anche per mesi, specie quando aveva bisogno di maggiori cure fisiche. S’interessava dell’accomodo dei paramenti e della biancheria; dopo si distrusse la sua cameretta al vescovado e all'Università Pio X con l'incendio, gli era rimasto pochissimo di suo. Dopo fu mandato ad abitare dalle suore della Redenzione, dove ebbe a soffrire non poche scomodità. Questo l'appresi da una che era nella stessa casa di rieducazione, ma egli non seppe mai muoverne un lamento.
Finalmente nel 1949 si ritirò per sempre in Gasperina. Era ormai logorato nel fisico, ma apparentemente sano. Il desiderio di lavorare non l'abbandonò mai e continuò a confessare, a ricevere le anime per dare la sua saggia direzione. Celebrava in chiesa alle ore 8:00 ed io ebbi il bene di ascoltare, assieme ad altre amiche, le sue indimenticabili sante messe. Ottenne il permesso del vescovo e celebrò nella prima camera a sinistra di casa sua per circa un anno. Lo seguimmo ad ascoltare e a rispondere liturgicamente la Santa Messa. Una mattina non riusciva ad allacciare il manipolo e mi ero avvicinata ad aiutarlo; egli mi respinse dicendo che la liturgia non ammetteva questo.
(Gli dissi:) “Padre, le consorelle bramerebbe sentire una vostra parola”. “Spero di venire”. Ed infatti venne per l'ultima volta, (e) lui, quasi presago di questo, disse: “A San Giovanni vecchietto lo portavano sulle braccia”; e ripeteva sempre la medesima predica: “Sorelle, amatevi l'un l'altra, questa è l'ultima mia esortazione; facendo questo, avrete fatto tutto”. Fu breve, ci benedisse commosso e a stento ritornò a casa. Conoscendo la sua grande umiltà mi permettevo ora di umiliarlo, ora esaltarlo, ma non c'era verso, non parlava di sé né in bene né in male. (Disse:) “L'umiltà non l'ho conosciuta mai!... Ora incomincio ad apprenderla, ma è tardi” (pochi giorni prima di morire). “Padre, come state? “; (E lui:) “Vi dico che altro è parlar di morte altro è il morire”. Il giusto temeva il giudizio di Dio! Non si stancava di benedire tutti coloro che accorrevano al suo letto. Voleva celebrare assolutamente; non sapeva omettere la Santa Messa, perché ne conosceva il pregio, perché voleva unirsi a Gesù e tutti i giorni, come una smania, non voleva prendere alcuna bevanda, si sforzava ad alzarsi sul letto, ed io osai perfino dirgli: “Padre, avete trovato sempre la volontà di Dio nei buoni consigli, ora è Dio si vuol servire di questa povera anima. Riposatevi, prendete la medicina, il latte ecc… Gesù è stato sempre in voi è con voi”. Sorrideva, mi ringraziava e prendeva qualche cosa.
“Padre, Serafina vi vuole in Catanzaro”. (E lui:) “Se guarirò ci andrò”.
“E della sua casa o fondazione che dite?”. (Lui:) “Se sono rose fioriranno”, ossia “Se il Signore la vorrà, avrà vita”.
Nell'altra camera, quando lui riposava, la cognata si intratteneva con noi e, piangendo, ci parlava delle sue sofferenze sopportate molto pazientemente. Lei che si apprestava, assieme al nipote Agostino, a curarlo, a lavarne le piaghe che già aveva ad alcune parti del corpo, specie ai piedi, lei si sentiva onoratissima di servirlo, poiché era convinta di servire un santo e spesso gli baciava i piedi che egli si sforzava di ritirare, forse fingendo di non capire. Fu durante la sua malattia che io con un’altra mia amica avvertimmo più volte, avvicinandoci alla sua casa, un odore di gigli, di viole o di mirto. L'avvertì anche un sacerdote che venne a visitarlo e ci disse che non sapeva come spiegare questo fenomeno, che, venendo a Gasperina, avvertiva un  odore soavissimo. Gli risposi: ”Sono le virtù di padre Caruso”. Al Rev.mo Mons. Procopio e il reverendo Arciprete che spessissimo visitavano, (egli) domandava con tanta umiltà la santa assoluzione, che gli impartivano umilmente. Il 17 ottobre lo vidi per brevissimo l'ultima volta, perché i medici facevano di tutto per guarirlo e non ammettevano che altri entrassero nella sua camera. Il buon padre stava per finire tutte le sue fatiche! L'indomani all'alba egli se ne volava in paradiso a ricevere il premio meritato nel gaudio eterno. Il rev. Don Bruno Samà arrivò in tempo per comporre la salma. Alle sei mi trovavo anch'io a quel capezzale, ove riposava il santo, senza vita! Gli occhi rimasero semi aperti; sembrava avessero un riverbero di vita e dicessero ancora alle anime, come San Domenico disse ai suoi figli: “Vi sarò più utile in paradiso”.
In quella camera addobbata con ceri e piante, vidi passare tutta la sua cittadina che si prostrava a venerarlo, a baciargli le mani, a poggiare le corone sul suo corpo, a domandargli ancora una volta la sua benedizione. Oh! Troppo azzardo! Per ben tre volte gli venne cambiata la corona che stringeva nelle mani! Un sudore imperlò la sua fronte; con cotone l’asciugai e conservai bene. Chiesi al padre, vicina all'orecchio, una grazia che tanto bramavo e che lui conosceva. Egli, per assicurarmi che mi avrebbe accontentata, mi parve che abbassasse leggermente le palpebre. Dopo tre mesi ottenni la grazia che tanto bramavo.
Il temporale che da 10 giorni sembrava non avesse tregua e allora distrusse il Polesine, all'uscire della salma mostrò il cielo il suo bel sole e la tempesta si calmò dappertutto.
                                                                           ANGELA PAPUCCI

Presa visione e approvato. Gasperina 16.09.1961. Sac. Piparo Nicola - Parroco

Nessun commento:

Posta un commento